E’ triste
pensarti lontano,
immergermi nel tuo silenzio
e fingere di non capire.
Quante parole
vorrei dirti,
quante invece da dimenticare, tante
le ho lasciate cadere e finire
in dubbi mai svelati.
Mi manchi,
nel silente respiro delle notti
rinchiuso in questa cella di cemento,
al sorgere inquietante del giorno,
nella fredda mattina
trapassato dal vento.
Mi manchi,
tra le pesanti pieghe
dei miei sogni
quando la tua voce appare
e poi si perde
al mio risveglio,
quando svanisce il sogno
e io m’accorgo
d’aver paura di rincorrerti
e di non poterti più raggiunge.
Di ritrovarmi solo fino
alla fine dei miei giorni. – P.
Non ho tempo per riflettere,
il mio cuore non ha freni, non vuole fermarsi.
Corro ad occhi chiusi per non
vedere ciò che si allontana
ma per immaginare ciò che si avvicina,
è così che trovo l’energia,
mi scorre nelle vene
sperando che duri a domattina.
La senti la mia musica?
Eppure canto così chiaro.
La troverò una via d’uscita?
No, finché non troverò di nuovo la mia ragione di vita.
Pelle, carne e saliva,
mani che sfuggono al controllo, fantasie della mente che ci invadono,
è un dialogo senza voce,
capisco perfettamente un linguaggio senza traduzioni,
una lingua senza pudore. Ti Amo. – P.
Culo bello, culo ‘ncerato e tunno,
tuosto e chino, pare ‘e marmo,
‘ca dopo pure ciento vote maniato,
rieste sempe tondo, comme ‘o munno.
Culo, muntagna ‘e passione senza funno,
‘ca si te sonno annanze a me, tutto appusuliato,
quanno me sceto sto’ ancora tutto arrapato.
Culo, frisco comme ‘na rosa, liscio comme ‘na pesca,
nun me fa spanteca’ matina e sera,
viene a cunzulà ambressa, chest’anema ‘npena.
Quanno è bello accarezza’ ‘stu mazzo,
‘sti pacche toste e ‘stu pare ‘e ccosce.
Culo, frutto carnale ca me ‘nfoca ‘a passione.
Strignete forte attuono a ‘stu cazzo.
Arapete tutto, e famme ascì pazzo! – P.
Ti sogno ogni notte
Ti inseguo continuamente senza mai raggiungerti
Ti cerco senza sosta in ogni momento della mia vita
Ti immagino, mi sembra quasi di scorgerti
sì, sei proprio tu
dietro quella nuvola lontana
sopra l’infinità del mare.
Con il tuo respiro, gonfi e spingi le mie vele sdrucite
E allora combatto, mi affanno,
sudo, soffro
mentre lentamente ti avvicini
comincio a sentire il tuo profumo
a percepire il tuo rassicurante calore
a intravedere i tuoi aggraziati lineamenti
a udire la tua tenera voce
a riconoscere il tuo dolcissimo sguardo.
Sto per toccare un lembo della tua veste,
credo di essere giunto la dove so che è difficile arrivare,
La tua mano si chiude intorno la mia.
Io la stringo e poi la riapro,
e allora mi rendo conto di averti solo sfiorata.
Il tuo palmo è ricoperto di polvere scintillante
polvere che mi è entrata dentro
polvere che ora viaggia assieme ai miei desideri,
polvere che ormai è parte di me.
Polvere di Felicità, di Gioia. Polvere d’Amore. Polvere di te. – P.
Il tuo sorriso cade come una stella,
in questa calda notte d’agosto,
da un cielo buio eppur non tenebroso.
Tu, sogno atteso per una vita,
illumini la mia anima, dai calore al mio cuore.
Ritrovo così la tua voce
che non lascia mai la mia mente,
e i miei pensieri solo ora danzano felici
accompagnati da questo vento caldo che volge
foglie e rami.
Il tuo respiro mi porta,
con soffice volo,
il profumo della passione che pervade quest’aria.
Mi sembra di sentire il tepore del tuo viso,
la leggerezza e la grazia delle tue labbra,
in brividi d’amore finalmente abbracciati
attendiamo così,
noi cuori lontani, l’alba di domani… riscaldati dal Sole. – P.
Come sole d’agosto
risplendi di luce abbagliante,
mi spossi,
mi infiammi,
mi stordisci la mente
ed io non riesco a pensare.
Come lampo improvviso
squarci il mio cielo cupo,
mi scuoti,
mi turbi,
mi fai sussultare
ed io non riesco a dormire.
Come mare impetuoso
ti infrangi sulla mia scogliera inerte,
mi travolgi,
mi confondi,
mi sommergi con le tue acque profonde
ed io in te mi lascio annegare. – P.
Nel borsino delle passioni maschili, il fixing lo dà nuovamente in forte ascesa. Forse, anche per questo, c’è chi continuamente c’esorta all’ottimismo. Vuoi vedere che, prima o poi, una botta di “culo” dovrà pure toccarci?
L’attrice americana Jennifer Lopez ha confessato: “Mi piacciono le mie labbra, gli occhi, le mani. Ma non avevo mai pensato che il mio sedere potesse essere tanto attraente“. Nei più aggiornati manuali di seduzione, la parola d’ordine è: “esibire anche l’orlo dei glutei”, che invece per tanto tempo vennero trascurati a favore delle gambe o del seno.
Pare, secondo gli storici, che la decadenza del culo (nel senso di “tendenza di gusto”, ovviamente) sia cominciata con la Rivoluzione francese, che esaltava gli sviluppi lineari e non gradiva le curve.
I grandi uomini della storia lo hanno sempre considerato con molto rispetto. Si narra che una delle mogli di Maometto, Aisha, lo aveva enorme, e la saggezza indiana del Kamasutra consigliava allo scapolo che cercava moglie: “Bada che essa abbia l’andatura graziosa di un giovane elefante“. In certi posti del Sahara, infatti, si procede ancora oggi, alla vigilia delle nozze, all’ingrasso con dosi massicce di latte e di burro, mentre nel Sudan variano la dieta: molto cuscus e molta carne.
Il pittore Rubens esaltò nei suoi quadri le rotondità e persino i sintomi della cellulite. Non va nemmeno trascurata la testimonianza lasciata dai poeti. Dal veneziano del Settecento Giorgio Baffo: “Oh caro culo – oh macchina stupenda”, a Gabriele d’Annunzio: “Forma che così dolce t’arrotondi – dove si inserta l’arco delle reni”.
La scienza, poi, cerca di definire i caratteri analizzando “la parte inferiore della schiena”: quello “normale”, rotondo ma non appariscente, significa temperamento estroverso e sicurezza di sé; quello “prorompente” vanità; i glutei a “pera” sottintendono forte personalità; quelli “cadenti” oltre ad indicare l’inesorabile avanzamento dell’età segnerebbero anche impazienza, sbalzi d’umore e nevrosi.
“Che culo!” E’ l’espressione che indica, generalmente, “che fortuna!” Come mi ricordava, tempo fa, un “commentatore” di questo blog, in Emilia, a Bologna per la precisione, sono soliti dire che: “Quando uno deve prenderlo nel culo, il vento gli tira su la camicia”. Ecco così spiegata l’associazione con “fortuna” di quell’altro detto popolare: “nato con la camicia”.
Ha mille fattezze
la tua sincerità
Come caleidoscopio
ti proietti verso la luce
mostrando sfaccettature
di colori mai leali
Non ha rivali
la tua ipocrisia
Policromatica
la tua sostanza
Nel tuo armadio maschere su maschere
da indossare per ogni occasione
Agghindi il tuo fare
di sterile perbenismo
il tuo dire
di parole melense
Stucchevoli le tue lodi
no, grazie non ne ho più bisogno
Preferisco una delusione sincera
ad un tuo finto sentimento. – P.